SULLA AUTONOMIA DEL FRONTE DELLA GIOVENTU’ COMUNISTA

«…dobbiamo quindi essere favorevoli senza riserve all’autonomia organizzativa dell’Unione della gioventù, non solo perché gli opportunisti la temono, ma anche per ragioni di principio. Infatti, senza una completa autonomia, la gioventù non potrà educare nelle sue file dei buoni comunisti e non potrà prepararsi a far progredire il socialismo.» (Lenin, 1917 “L’internazionale giovanile”)

Fin dall’appello lanciato da Senza Tregua, il «Fronte della Gioventù Comunista» ha marcato come propria caratteristica fondamentale l’autonomia dai partiti esistenti. Una “giovanile senza partito“ è stato considerato da alcuni. La nostra organizzazione in realtà si inserisce in un processo più complesso di questa semplice schematizzazione, processo che vogliamo spiegare con chiarezza per definire, anche pubblicamente, la nostra linea politica ed organizzativa. Lo facciamo perché in Italia, fin dal PCI, ha prevalso la logica dell’organizzazione giovanile interna al partito intesa come semplice duplicazione di lavoro, incarichi e responsabilità; semplice suddivisione organizzativa degli iscritti al partito in base all’età. Oggi quel partito non esiste. Non c’è un riferimento chiaro per le masse come fu il PCI nei primi anni del dopoguerra, non ci sono le stesse condizioni di presenza dei comunisti nella società. Sotto questo profilo l’idea dell’autonomia del FGC nasce come volontà di definizione di un processo unitario per la ricomposizione della frammentazione di questi anni, a partire dai giovani. Noi non siamo tra quelli che perseguono il feticcio dell’unità ad ogni costo. L’unità è un mezzo e come tale diventa un valore aggiunto. Quando, al contrario, assume la connotazione di fine ultimo non si realizza alcuna unità di fondo e si costruiscono agglomerati in cui ciascuno marcia nella sua direzione; organizzazioni impantanate in inutili discussioni che ne paralizzano l’attività esterna. È per evitare queste situazioni che sia nei “paletti” dell’appello di Senza Tregua, sia nei documenti successivi abbiamo indicato l’analisi di fondo su cui fondare questa unità. Non si tratta di una mera questione ideologica, ma di una questione sostanziale che si concretizza nell’attività pratica.
Autonomia non vuol dire isolamento. Se noi concepissimo l’autonomia del Fronte della Gioventù Comunista come chiusura nelle nostre stanze, isolamento dal resto della società o pretesa di chiusura su un livello nazionale di cui saremo unici detentori della linea politica, compiremmo errori imperdonabili in questa fase. Riguardo alla questione internazionale è bene precisare la nostra posizione in modo chiaro. A fronte della globalizzazione, della perdita di sovranità dello Stato nazionale e di tutti i processi transnazionali imposti dallo sviluppo capitalistico, l’idea delle “vie nazionali al socialismo”, come rivendicazione di indipendenza e autonomia da un livello decisionale internazionale, ha perso qualsiasi attualità e valore. In questo senso noi non concepiamo assolutamente il Fronte della Gioventù Comunista come qualcosa di autonomo dal movimento comunista internazionale. Sotto questo profilo anzi riteniamo che vi sia la necessita di costituire a livello generale, anche sul piano giovanile, forme di coordinamento strette tra le organizzazioni comuniste a livello europeo e mondiale.
Quanto all’Italia, chiediamo a tutti i compagni di rispettare questa scelta di autonomia evitando, anche in buona fede, di dare l’impressione di tirare per la giacchetta la nostra organizzazione. I giovani vanno avvicinati all’idea del partito comunista. Al contrario oggi il vento dell’antipolitica spinge ad assimilare l’idea di partito, concepito in modo leninista, con i partiti borghesi dediti alla semplice pratica elettorale, alle truffe, al malaffare e ai privilegi. Combattere questa tendenza vuol dire creare innanzitutto le premesse. Ecco perché il FGC è innanzitutto un percorso di formazione nella creazione di buoni militanti comunisti, quadri e dirigenti, che strappi giovani alla cultura dominante sottomessa agli interessi del sistema capitalistico. In questo processo sicuramente saranno commessi degli errori, l’analisi politica spesso non sarà affinata; tutto sarà commisurato alla necessità della costruzione di un percorso di formazione, ma come ricordava Lenin «Una cosa sono gli adulti che ingannano e sviano il proletariato e pretendono di guidare e di educare gli altri: contro di essi bisogna condurre una lotta inesorabile. Un’altra cosa sono le organizzazioni della gioventù, le quali dichiarano francamente di dover ancora studiare e si assegnano come obiettivo principale la formazione di militanti…»

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