REFERENDUM 8-9 GIUGNO. LA “RIVOLTA SOCIALE” NON È IL VOTO MA, LA LOTTA CONTRO RIARMO, GUERRA E GENOCIDIO

REFERENDUM 8-9 GIUGNO. LA “RIVOLTA SOCIALE” NON È IL VOTO MA LA LOTTA CONTRO RIARMO, GUERRA E GENOCIDIO
Dichiarazione congiunta dell’Ufficio Politico del Fronte Comunista e della Segreteria Nazionale del FGC
Governo e padroni gioiscono del mancato raggiungimento del quorum al referendum. Lo fanno perché così le loro possibilità di sfruttamento e impunità rimangono inviolate.
Ci sono diverse cose da dire. Un eventuale successo del referendum non sarebbe stato di per sé garanzia di avanzamento, ma avrebbe necessitato di essere imposto con la lotta. Il risultato dell’affluenza, purtroppo prevedibile, supera di poco la soglia del 30%. Su questa sconfitta pesa tutta la responsabilità del centro sinistra e delle dirigenze dei sindacati confederali che hanno promosso un referendum proponendo l’abrogazione di leggi che il PD stesso aveva approvato e contro cui l’opposizione dei sindacati confederali era stata minima. A chi oggi grida al tradimento dei lavoratori che “non sanno fare i loro interessi” o “votare bene” diciamo che bisogna avere l’onestà intellettuale di capire quali sono le ragioni profonde dell’astensione, di elevare la coscienza tra tutti gli sfruttati, e non consolarsi con un approccio classista e denigratorio che non fa altro che consegnare nelle braccia del nemico chi vorremmo invece conquistare alla lotta.
Si è cercato di presentare il voto al referendum come la “rivolta sociale” contro il governo Meloni, anziché impegnarsi per riaccendere una stagione di lotte e di scioperi a partire dai posti di lavoro. Non basta darsi una pennellata di sinistra o dirsi, a parole, vicini ai lavoratori solo quando al governo c’è la destra: questo camuffamento non può mutare la natura profondamente antipopolare del PD e di tutto il centro sinistra.
Se da oggi la lotta di chi ogni giorno combatte per i lavoratori e gli oppressi sarà probabilmente più difficoltosa, la responsabilità è dei partiti di centro-sinistra e delle dirigenze sindacali che hanno, di fatto, fornito un enorme assist ai partiti di governo per accelerare ancora di più l’attacco ai lavoratori e tirare dritto su tutta una serie di misure, utili ai padroni, che chiedono per un lavoro ancora più precario, ricattabile e insicuro. Il governo Meloni esce rafforzato dall’esito di questo referendum: il dato elettorale non sarà solo usato dall’esecutivo per legittimarsi e stabilizzarsi ulteriormente, ma diventerà strumento, oggi e in futuro, per estromettere ancor di più dal dibattito pubblico qualsiasi discussione relativa alla necessità di garantire maggiori diritti sul lavoro e di contrastare precarietà e sfruttamento.
Da questa tornata di voto emergono due fatti molto chiari.
Il primo è che l’opposizione al governo della guerra, dello sfruttamento, della precarietà e della repressione non può essere affidata alla finta sinistra del PD e affini che si dimostrano incapaci di fare opposizione anche sul semplice terreno elettorale. Serve davvero sforzarci nella ricomposizione di un movimento di classe in grado di mettere al centro gli interessi dei lavoratori e del popolo.
Il secondo dato è che nonostante tutto, al di fuori di un ciclo di lotte operaie e popolari, senza una forte organizzazione e con una scarsa credibilità del centrosinistra sono andate a votare 12 milioni di persone, per lo più giovani, che dimostrano come ingiustizia, precarietà sfruttamento siano il pane quotidiano per milioni di persone. E di come esista una voglia genuina di combatterli. Tocca a noi trasformare questi voti in una vera rivolta sociale attraverso l’organizzazione, la lotta e la ricostruzione di un partito che sia davvero in grado di rappresentarne gli interessi contro le illusioni riformiste e il centrosinistra. Non asteniamoci dalla lotta: mandiamo a casa il governo Meloni!
Roma, 10/06/2025