Sulle elezioni regionali dell’autunno 2025. Una posizione comunista
Sulle elezioni regionali dell’autunno 2025. Una posizione comunista
Comunicato dell’UP del Fronte Comunista e della Segreteria nazionale del FGC
Le elezioni regionali che si avvicinano saranno un banco di prova non solo per le forze di governo nazionali e regionali, ma soprattutto per il tentativo del centro-sinistra di articolare elettoralmente il cosiddetto “campo largo”, cioè la stabile alleanza elettorale che va dal Partito Democratico all’Alleanza Verdi-Sinistra passando per il Movimento Cinque Stelle.
Al di là di questa contingenza politica, va tenuto a mente che nell’odierno assetto costituzionale italiano che riconosce ampi poteri legislativi alle regioni, le elezioni regionali non sono mai un mero affare “locale” e non possono essere trattate come tali. Con questo criterio una forza comunista oggi deve affrontare la questione, nell’ambito della propria strategia politica generale.
Le imminenti elezioni nelle Marche (28-29 settembre), in Calabria (5-6 ottobre) e Toscana (12-13 ottobre) vedono già il polarizzarsi delle alleanze di centro-destra e centro-sinistra, rispettivamente attorno alle candidature di Francesco Acquaroli e Matteo Ricci nelle Marche, Francesco Occhiuto e Pasquale Tridico in Calabria, di Carlo Giraldi ed Eugenio Giani in Toscana. Nella stessa direzione vanno le trattative per le elezioni in Campania, Veneto e Puglia, previste nel mese di novembre.
Con la sola eccezione della Valle d’Aosta, in cui pesano altre logiche locali, si conferma in tutte le regioni interessate dal voto la saldatura dell’alleanza tra PD, Movimento Cinque Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra.
Dinanzi a questo scenario, siamo convinti che i comunisti debbano affermare e difendere la propria indisponibilità a prendere parte ai cosiddetti governi “di sinistra”, alle coalizioni “progressiste” di ispirazione socialdemocratica che, in nome della retorica sulla “opposizione alla destra”, vengono costruite senza nessun principio di classe né protagonismo dei lavoratori.
L’esperienza degli ultimi decenni ha dimostrato che queste forze, tanto nei governi nazionali che in quelli regionali, possono arrivare a fare peggio della destra. Questo non perché sono “cattive”, ma semplicemente perché non si pongono su un piano realmente alternativo alla destra, rappresentando al più la “stampella sinistra” dell’amministrazione quotidiana del capitalismo e della sua ingiustizia, promuovendo l’illusione che questo sistema possa essere governato e amministrato in favore dei lavoratori e degli strati popolari senza metterne in discussione i fondamenti e i paletti.
Il vecchio argomento secondo cui non votando il centro-sinistra si fa il gioco delle destre risale agli anni del berlusconismo. Il suo risultato sono stati governi “di sinistra” che hanno votato il pacchetto Treu, la riforma del titolo V, l’autonomia scolastica, l’aggressione NATO alla Jugoslavia, il rifinanziamento delle missioni militari come quella in Afghanistan. È una polpetta avvelenata che i lavoratori italiani hanno già mangiato.
I governi regionali non fanno differenza. Basterebbe menzionare, tra tutti, le responsabilità delle giunte di centro-sinistra nella svendita del porto di Goia Tauro o nella vicenda dell’Ilva di Taranto. Tutte le forze candidate nei due schieramenti condividono profonde responsabilità nell’aver gestito o compartecipato alle politiche regionali di dismissione della sanità pubblica, dei piani per il diritto allo studio, della svendita del patrimonio industriale in nome della difesa dei profitti capitalistici.
Non siamo indifferenti o ignari del fatto che oggi l’operazione di ricostruzione di consenso elettorale attorno al “campo largo”, oltre che alla generica chiamata alle armi contro la destra, comprende in sé anche i tentativi del M5S e di AVS di intercettare da un lato il malcontento sulle questioni sociali e del lavoro, e dall’altro il vasto sentimento popolare contro la guerra imperialista, presentandosi come le forze “in favore della pace”. Sappiamo bene anche che esiste una enorme contraddizione tra il dire e il fare, o tra ciò che si urla nelle piazze e ciò che si scrive nei programmi o che si vota. Basti pensare che sia il M5S che AVS sono a favore dell’esercito comune europeo e della permanenza dell’Italia nella NATO, ma questi dettagli vengono convenientemente omessi dalle ragioni per cui esprimono “contrarietà” al piano “Rearm EU” di 800 miliardi della Commissione Europea.
Il fatto che oggi esistano illusioni diffuse sul carattere del centro-sinistra, anche in settori a noi contigui, non ci autorizza a pensare che si possa sostenere “da sinistra” queste forze o alimentare queste illusioni nella ricerca dell’immediato ritorno elettorale. Riteniamo grave e non giustificabile la scelta del PRC che, in coerenza con la linea uscita vincitrice dal suo ultimo congresso, in alcune regioni sta presentando liste all’interno della coalizione di centro-sinistra, o esprimendo sostegno a candidati nelle liste di quella coalizione. Questa scelta, che ha come immediata conseguenza l’accostamento della falce e martello al PD e ai suoi alleati, non rafforzerà i comunisti, né farà avanzare una prospettiva comunista nella società, né tantomeno “sposterà a sinistra” le forze del centro-sinistra. L’unica scelta che può pagare, nel lungo periodo, è quella della coerenza.
Discorso diverso meritano le liste che in alcune regioni si stanno organizzando “a sinistra” del campo largo, come sta avvenendo in Toscana o in Puglia, da parte di sigle che si richiamano alla tradizione comunista o della c.d. “sinistra di classe”. Come è noto, esistono divergenze politiche e strategiche tra noi e queste forze, e anche tra ciascuna di queste forze nei confronti degli altri. Non potrebbe non essere così, altrimenti si starebbe nello stesso partito. Ma non è questo il punto che vogliamo evidenziare.
Il fatto di aprire una discussione seria sull’idea di una flessibilità tattica in materia elettorale potrebbe avere una sua dignità sulla base di una strategia chiara e senza cedimenti sui principi fondamentali. Ci sembra però che le coalizioni elettorali che vengono messe in campo non siano espressione di un reale protagonismo operaio-popolare, ma piuttosto la mera sommatoria di settori politici, senza un legame con le masse, per logiche che non vanno oltre la mera sopravvivenza e l’autorappresentazione.
L’esperienza degli ultimi decenni, in cui gli sforzi profusi – anche da noi stessi – per presentare una falce e martello sulla scheda elettorale hanno avuto come principale risultato quello di evidenziare la marginalità politica dei comunisti in Italia, dovrebbero spingere a una seria riflessione collettiva su quanto sia opportuno o meno saltare da un appuntamento elettorale all’altro in assenza di una vera strategia per risolvere sul piano reale, prima che su quello della facciata elettorale, il problema della ricostruzione di una grande forza comunista in Italia.
L’indicazione di voto che riteniamo di dare, in questo frangente, è quella dell’astensione in tutte le tornate elettorali. Poiché abbiamo chiara la lezione leninista sui compiti dei comunisti anche nel terreno elettorale, ben lontani dall’astensionismo dei settori estremisti, riconosciamo tutti i limiti di questa indicazione di voto. Non porteremo avanti una campagna di massa per l’astensione, perché non la riteniamo utile a costruire un reale avanzamento nella coscienza della classe operaia e dei settori popolari.
Siamo convinti che oggi esista l’urgenza di ricostruire una forza comunista credibile, di uscire dall’irrilevanza, di rendere riconoscibile e riconosciuto un partito comunista serio, moderno, organizzato, all’altezza delle sfide del nostro tempo. Questa partita, nelle condizioni attuali, non si gioca sul terreno elettorale e soprattutto non parte da questo. Anteporre il tatticismo esasperato e le alchimie elettorali prive di reale prospettiva a una riflessione strategica sul che fare, su come articolare realmente la costruzione di un partito d’avanguardia, è un errore che non siamo intenzionati a commettere. Tanto lavoro c’è da fare, e tanto resterà da fare anche all’indomani di queste elezioni regionali, da cui allo stato attuale non può emergere nessuna alternativa politica per i lavoratori e gli strati popolari. Ciò che spetta oggi fare ai comunisti è, come disse Gramsci a suo tempo, “rimettersi tranquillamente all’opera, ricominciando dall’inizio”.
Ufficio Politico – Fronte Comunista (FC) – Segreteria Nazionale – Fronte della Gioventù Comunista (FGC)







