ACCESSO UNIVERSALE AI VACCINI, VIA I BREVETTI. SPEZZIAMO LA LOGICA DEL PROFITTO!

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La pandemia iniziata ormai un anno fa ha impresso una fortissima accelerazione alla crisi del capitalismo già in corso. In questi mesi è stato ben chiaro l’indirizzo di scaricare i costi di questa crisi sui lavoratori e sulle classi popolari, che sono state e continuano a pagare il prezzo più alto, in termini sia sanitari sia economici.

La diffusione del virus ha fatto emergere in maniera ancora più evidente le criticità del sistema capitalista, fondato sul profitto e che per sua invariabile natura tende a piegare ogni elemento collettivo ed individuale nella direzione degli interessi delle classi dominanti e dei monopoli. Un sistema è intrinsecamente incapace di garantire non solo il benessere sociale, ma neanche i più elementari diritti alla grande maggioranza della popolazione nonostante l’attuale enorme sviluppo delle forze produttive.

La pandemia ha concretamente dimostrato tutte le inefficienze del sistema sanitario nazionale, che negli ultimi decenni ha subito costanti politiche di privatizzazione. I tagli hanno reso la sanità sempre meno accessibile, colpendo personale, posti letto, servizi di prevenzione e territoriali, con il fine di privatizzare una quota sempre maggiore dell’assistenza sanitaria, sempre più legata a logiche di profitto. Non possiamo però parlare di “errori”. L’individuazione di settori tradizionalmente pubblici in Italia come terreno vergine sul quale garantirsi una profittabilità più elevata rispetto ad altri settori privati ormai saturi è stata la strategia coscientemente percorsa dai capitalisti per affrontare la profonda difficoltà nel valorizzare il capitale a questo livello di sviluppo, a qualsiasi costo.

La strutturale incapacità del capitalismo di tutelare la salute viene dimostrata anche dalle vicende che stanno riguardando le campagne vaccinali. I governi e i monopoli del settore farmaceutico hanno orientato lo sviluppo e la distribuzione del vaccino sulla base (della razionalità di mercato) di logiche di profitto. Le dinamiche di competizione capitalista tra monopoli, esacerbate dallo scontro tra centri imperialisti nei quali rispettivamente vertono, se da un lato hanno determinato l’interesse per un rapido sviluppo del vaccino così da conquistare maggiori fette di mercato dall’altro ne hanno rallentato consistentemente il processo in virtù della compartimentazione sia delle informazioni sia dell’organizzazione di filiere produttive in competizione tra loro. Questo ha prodotto come due effetti immediati, un costo di produzione naturalmente più elevato, quindi un prezzo più gravoso per le finanze pubbliche degli Stati, e una capacità di produzione estremamente limitata se comparata alle reali capacità produttive complessivamente oggi esistenti. Determinando quindi l’esclusione di milioni di persone da un accesso gratuito, tempestivo e sicuro ai vaccini e protraendo questa crisi più di quanto le capacità tecnologiche e produttive del mondo contemporaneo avrebbero invece permesso.

Da mesi ormai assistiamo a ritardi nella consegna delle dosi o all’arbitraria e unilaterale diminuzione delle quantità assegnate da parte delle grandi aziende farmaceutiche, che detengono la proprietà dei brevetti e che vogliono vendere liberamente i vaccini in ogni parte del mondo a seconda del prezzo più elevato che il mercato di volta in volta propone loro.

Ciò accade nonostante in questo anno gli Stati abbiano elargito miliardi di euro pubblici alle case farmaceutiche, provenienti dalle tasse pagate dai lavoratori con cui, avrebbero potuto essere finanziati servizi sociali, il potenziamento del sistema sanitario pubblico e tutte le misure necessarie per proteggere le classi popolari dalla crisi in corso. Un dato che ci dice molto anche su come la ricerca nel sistema capitalistico sia strutturalmente orientata alla ricerca del profitto e non vada nella direzione del benessere collettivo. I giganteschi monopoli del farmaco, infatti, senza questa pioggia di soldi pubblici non avrebbero sviluppato vaccini (come accaduto del resto in occasione di precedenti epidemie causate da virus SARS), tanto meno in tempi relativamente brevi, nonostante una pandemia globale. Il business dei vaccini, infatti, di per sé è poco redditizio: ben più remunerativo brevettare farmaci per trattarle malattie piuttosto che prevenirle.

Questo contesto ha generato una vera e propria corsa ai vaccini. I grandi gruppi farmaceutici hanno esercitato fortissime pressioni per bruciare i tempi e assicurarsi il prima possibile la vendita delle dosi, garantendosi una mole enorme di profitti. Ciò ha comportato l’utilizzo di una tecnologia di sviluppo – quella a mRNA – più rapida, ma inaccessibile per decine di paesi e per la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, data la sua complessità. Senza brevetto diventa quindi impossibile replicare la produzione dei vaccini senza le specifiche tecnologie utilizzate da Pfizer e Moderna, che al contempo non hanno la capacità produttiva per garantire la consegna in tempi utili delle dosi. Questo meccanismo è stato assecondato dagli Stati, che hanno cercato di assicurarsi le dosi in anticipo al fine di garantire un importante vantaggio competitivo ai rispettivi monopoli su base nazionale, stanziando fondi e acquistando dosi in anticipo, andando così a sostenere integralmente la strategia dei monopoli del settore farmaceutico. Ciò ha contribuito a rallentare in maniera sensibile le campagne vaccinali e a determinare una distribuzione non omogenea delle stesse. Si arriva così alla situazione attuale, in cui pochi paesi hanno accesso ai vaccini, mentre esiste un vasto schieramento di paesi più poveri in cui vi è un’ampia proliferazione di varianti del virus, più resistenti ai vaccini, che possono tornare in circolo e alimentare la pandemia.

In questo contesto si è affermata, non a caso, come eccezione quella di un paese socialista, Cuba. Nonostante le difficoltà derivanti al Bloqueo, che hanno anche complicato l’accesso a macchinari necessari per trattare i malati affetti da Covid-19, Cuba non solo è riuscita a portare avanti una gestione della pandemia in grado di contenere brillantemente i virus e i suoi effetti sulla popolazione, ma anche a sviluppare diversi vaccini che saranno somministrati gratuitamente alla popolazione e ai popoli di decine di Paesi esclusi dal mercato delle grandi aziende farmaceutiche. Oggi a Cuba, infatti, ci sono tre vaccini in fase di sviluppo, di cui uno alla fase-3. Questi vaccini, differentemente da quelli sviluppati dai grandi monopoli del farmaco sono vaccini a subunità e si avvalgono di una tecnologia differente da quella a mRNA utilizzata dai grandi monopoli del farmaco. Si tratta di vaccini ad altissima sicurezza, costi bassi e accessibili, la cui produzione è altamente scalabile, data la semplicità del trasferimento della licenza e delle tecnologie necessarie per lo sviluppo e il trasferimento dei vaccini. Degli elementi facilitati dal carattere pubblico del brevetto, che è una semplice conseguenza di un approccio alla gestione della salute collettiva che è quello tipico di una società socialista, ovvero non compromesso da logiche di profitto. È evidente come la gestione da parte di Cuba della pandemia e dello sviluppo dei vaccini si ponga in radicale antitesi rispetto a quello dei grandi monopoli del settore farmaceutico e dei paesi capitalisti, senza nessuna dinamica da “corsa ai vaccini”. Un modello che è stato in gradi di garantire tutele alla propria popolazione e accesso universale e gratuito ai vaccini non solo al popolo cubano, ma anche a decine di milioni di persone attualmente tagliate fuori dai monopoli dell’industria farmaceutica.

La lotta per un accesso realmente universale, tempestivo e sicuro ai vaccini non può non passare da una radicale critica al sistema capitalistico. Un sistema fondato sul profitto è strutturalmente inconciliabile con un diritto alla salute realmente universale e di qualità.

Per questo non bisogna limitarsi a chiedere la sospensione dei brevetti, ma bisogna lottare senza mezzi termini per:

- la revoca dei brevetti e delle licenze sui vaccini. Dobbiamo pretendere l’esproprio di tutte le ulteriori proprietà intellettuali necessarie per garantire il massimo ampliamento della produzione vaccinale.

- L’orientamento della produzione di tutto il settore farmaceutico alla produzione del massimo quantitativo di dosi di vaccini possibile, senza bloccare o compromettere la produzione degli altri farmaci. Un obiettivo da conseguire procedendo all’esproprio di tutti i siti produttivi necessari allo scopo.

- La distribuzione gratuita e generale dei vaccini secondo i criteri medici che possano garantire la reale efficacia della campagna vaccinale.

- La distribuzione internazionale dei vaccini in tutti i paesi secondo gli stessi criteri e non secondo il criterio del profitto, che si frappone alla reale efficacia a livello mondiale della campagna vaccinale e ritarda il contrasto reale alla pandemia.

Per questo partecipiamo alla giornata di lotta dell’11 marzo, senza nutrire però alcuna forma di illusione. Non sarà una petizione a cambiare la situazione. Le grandi aziende farmaceutiche traggono profitto dalla pandemia a scapito della salute delle persone perché espressione di un sistema economico che antepone il profitto alla vita delle persone. In un sistema come quello capitalistico non esiste spazio per una ricerca e campagne vaccinali che non siano orientata da interessi economici. La lotta per il diritto all’accesso universale, tempestivo e sicuro al vaccino non può essere separata dalla lotta al capitalismo. Le posizioni espresse dalla petizione “No profit on pandemic.eu” – non a caso sottoscritta anche da organizzazioni politiche e sindacali con responsabilità di governo o totalmente integrate nelle logiche di gestione del sistema capitalistico, come Articolo 1, i Verdi, la CGIL e la CISL – e dalla Sinistra Europea scontano un’arretratezza non casuale, che si esprime principalmente nel limitare le richieste a una semplice sospensione dei brevetti e a un controllo pubblico, condizione necessaria, ma non sufficiente per superare una gestione della pandemia determinata da logiche di profitto. Un’arretratezza conseguente a un’impostazione generale proiettata all’amministrazione del capitalismo, con la velleitaria illusione di poter dare vita a un “capitalismo dal volto umano”.

La nostra organizzazione sarà sempre in prima linea per garantire un’unità delle lotte per l’accesso universale, gratuito e tempestivo ai vaccini, a partire da un’impostazione di classe che faccia emergere con forza come questa lotta sia inscindibile da quella per il superamento del capitalismo.

L’11 marzo non diciamo “no” soltanto alle speculazioni dei grandi monopoli del farmaco, ma a un sistema economico criminale in cui il profitto conta più della salute. È fondamentale legare la lotta per l’accesso universale ai vaccini con le lotte dei lavoratori per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro – a partire dalla rivendicazione di nuovi protocolli di sicurezza – e con la lotta più generale per il diritto alla salute, coinvolgendo comitati e percorsi di lotta che a livello territoriali si spendono sul tema. Un percorso che può strutturarsi a partire da una giornata di approfondimento e discussione su una questione tanto importante, che possa far avanzare il livello delle nostre rivendicazioni e rilanciare in maniera più diffusa e combattiva questa lotta da cui passa la garanzia della salute e della vita stessa delle classi popolari.

SPEZZIAMO LA LOGICA DEL PROFITTO: VIA I BREVETTI, ACCESSO UNIVERSALE AI VACCINI!

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