Intervento di Paolo Spena (Segreteria Nazionale FGC)

In questi primi mesi di attività della nostra organizzazione, la nostra maggiore risorsa sono stati gli studenti. La nostra presenza nelle mobilitazioni studentesche è via via cresciuta. Qualcuno di voi si ricorderà di cosa dicevano i telegiornali il 12 ottobre. Alcuni erano memorabili: “shock, gli studenti strappano le bandiere UE”… parlavano già di noi!
Gli studenti in Italia, storicamente, hanno in effetti un gran potenziale. Facendo riferimento ad avvenimenti recenti, pensiamo al 14 novembre dello scorso anno: mentre in Europa le piazze esplodevano grazie ai lavoratori, in Italia quella giornata è stata fatta dagli studenti. Anche quel giorno c’eravamo, il nostro striscione recitava “un nemico, un fronte, una lotta”.  Partiamo da quello striscione: la lotta prende realmente significato e diventa efficace solo quando si capisce chi è il nemico.
Ed è su questo punto che noi vediamo la contraddizione nel movimento studentesco. Chi ha guidato le mobilitazioni studentesche di questi anni non ha capito chi è il nemico contro cui si deve lottare; si dice che il nemico è il neoliberismo. In questi anni gli studenti sono scesi in piazza chiedendo riforme sociali in tema di scuola e università e contestando ogni volta la riforma di turno, ma mancava sempre una consapevolezza di fondo. Nelle piattaforme politiche delle giornate di mobilitazione si è parlato di tutto. Per più di dieci anni si è tagliato senza criterio sull’istruzione. Con il ritmo di una riforma a governo si sta smantellando il sistema di istruzione statale, si sta precludendo sempre di più l’istruzione di qualità a chi non ha i soldi. È chiaro, cose dette e ridette, così come per i contributi scolastici, il caro libri, i test INVALSI, il valore legale del titolo di studio, tutte rivendicazioni con cui siamo d’accordo. Non è stata mai detta una cosa, molto semplice da capire: queste politiche sull’istruzione rientrano tutte nelle tendenze generali e strutturali del sistema capitalista.

Cosa c’è dietro la parola “meritocrazia”? Noi lo diciamo sin dall’inizio con le parole giuste, perché non abbiamo la fobia delle parole: c’è la selezione di classe. E lo vediamo nelle università con il numero chiuso, con il sistema delle raccomandazioni che non è mai realmente combattuto; nelle scuole vediamo che un liceo costa il doppio di un professionale sia per il costo dei libri sia per i contributi che le scuole pretendono. I governi continuano a finanziare le scuole private, dove ci può andare chi ha i soldi.

Vediamo anche la tendenza ad appiattire l’istruzione sulle competenze tecniche, mettendo in secondo piano le conoscenze, l’apprendimento critico. Ci rendiamo conto che questo criterio è quello utilizzato dall’Istituto Nazionale di Valutazione: si devono fare meno temi e più quiz a crocette. Perché i giovani più promettenti devono essere messi al servizio del capitalismo, non della rivoluzione. Noi oggi stiamo invece costruendo un’alternativa a cui i giovani potranno consacrare la propria intelligenza.

Non è nostro interesse illudere gli studenti promettendo loro una scuola bellissima, pubblica e gratuita e che si interessa a tutti: nel capitalismo questo non succederà. Non si può pretendere di slegare la scuola dalle leggi del mercato, in un sistema in cui il mercato è tutto, senza voler cambiare quel sistema. Chi ha detto questo agli studenti in questi anni li ha presi in giro.

Quali sono i nostri compiti, in questo quadro? Abbiamo naturalmente individuato degli obiettivi minimi. Abbiamo capito che il blocco dei contributi scolastici nelle scuole superiori è l’unico passaggio tattico che può inchiodare il ministero alle sue responsabilità per quanto riguarda i finanziamenti alle scuole. Condurremo battaglie contro il caro libri, contro i test INVALSI, contro i test di ingresso nelle università.

 Tuttavia, compagni, pesa su di noi un compito ben più oneroso. Voglio qui recuperare un vecchio principio leninista che molti oggi hanno accantonato: i comunisti non si abbassano al livello della massa in sciopero, accodandosi. I comunisti devono esserne la guida, devono elevare la coscienza della massa dandogli gli strumenti di analisi.  Ed è questo che noi dobbiamo fare nei confronti del movimento studentesco. È chiaro che a nessuno piace quello che la borghesia sta facendo alla scuola pubblica e all’università. Ma la soluzione chi ce l’ha? Non è né megalomania né presunzione: c’è l’abbiamo soltanto noi, perché sappiamo che tutte quelle riforme che il movimento chiede sono applicabili con successo soltanto nel socialismo, cioè in quel sistema che ha eliminato la logica del profitto.

 Ci è stato detto che la lotta degli studenti è diversa dalla lotta di classe. Ma noi oggi vediamo migliaia di ragazzi che nelle scuole e nelle università lottano con le unghie e con i denti pur di superare gli altri, pur di fare meglio, adeguandosi agli standard richiesti dal mercato. Questo non perché, come ci dicono, sono tutti troppo ambiziosi e vogliono tutti fare i medici o gli avvocati, perché sono “choosy”, come ha detto qualcuno. Non è per ambizione! I giovani stanno scappando disperatamente da un futuro da proletari, perché sanno che in questo sistema il proletario è sfruttato quando gli va bene e disoccupato quando gli va male. Come facciamo allora a dire che la lotta degli studenti delle scuole e delle università non è lotta di classe?

Le organizzazioni sindacali studentesche, inserendosi nelle lotte, non hanno rappresentato gli studenti proletari. Piuttosto, hanno fatto e fanno gli interessi di quella fascia di studenti del ceto medio e della piccola borghesia che non accetta il declassamento in atto e non vuole proletarizzarsi.  E qui noi lo diciamo a gran voce: siamo orgogliosi di aver iniziato a rappresentare gli studenti proletari. Siamo orgogliosi di aver iniziato a rappresentare quegli studenti che hanno unito la lotta per una scuola e un’università migliore a quella per il socialismo, cioè per una società migliore, e l’hanno fatto con la parola d’ordine della lotta alla scuola di classe. Ed è con questa parola d’ordine che noi dobbiamo avanzare, sempre a testa alta, con il pugno chiuso e la bandiera rossa in spalla.

Paolo Spena (Responsabile  Scuola FGC)

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