NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO. Sulle trattative in corso nella UE.

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Tutte le misure che in questi giorni sono sul tavolo delle trattative in Europa hanno un comune denominatore: sostenere le grandi banche, gli industriali, i capitalisti e scaricare le conseguenze economiche di questa nuova crisi sui lavoratori e i popoli di tutta Europa. In Italia è stata varata una misura da 400 miliardi per sostenere i padroni garantendo i prestiti bancari, cifra che sommata al decreto Cura Italia arriva quasi al 40% del PIL annuo. In tutta Europa, a partire dai paesi più colpiti, si lanceranno manovre economiche in deficit, con forti incrementi del debito pubblico.

Quello che è certo è che tutti i prestiti saranno utilizzati dagli Stati per sostenere i profitti dei capitalisti e salvarli dalla bancarotta, e alla fine il conto del debito pubblico sarà presentato ai lavoratori. A pagare saranno i popoli con nuove politiche antipopolari e misure “lacrime e sangue”. Questo vale indipendentemente dallo strumento utilizzato, che si tratti di prestiti alle condizioni di austerità esplicite del MES o che si ricorra ad altri strumenti di debito, che probabilmente verranno messi in campo in dimensioni minori rispetto agli Eurobond/Coronabond – che per ora sembrerebbero bocciati.

Nessuna delle misure su cui si sono scontrati i Governi nell’Eurogruppo prevedeva ragionamenti diversi dall’emissione di nuovo debito per garantire finanziamenti alle imprese. Nessuna delle questioni discusse al tavolo riguardava la tutela delle persone e gli interessi dei popoli, tutto lo scontro riguarda la ripartizione e la condivisione delle quote di debito. I governi nazionali si sono fronteggiati per strappare condizioni più vantaggiose per i capitalisti dei rispettivi paesi, ma a partire da un indirizzo comune. È in quest’ottica che va letta la posizione del Governo PD-M5S-Leu, espressa nell’ultima conferenza stampa di Conte, che rilancia la proposta di un fondo condiviso per erogare credito, di fatto rilanciando gli Eurobond, esprimendo la contrarietà del Governo a ricorrere al credito del MES al di fuori della linea “leggera” già concordata.

È importante evidenziare che non esistono sul tavolo misure reali dell’UE indirizzate ai lavoratori, a disoccupati, alle classi popolari. Lo stato attuale dell’accordo prevede 200 miliardi di fondo per la Banca Europea degli Investimenti (BEI), 100 miliardi di fondo per la “cassa integrazione europea” (decisamente non molto per 28 paesi) che oltre a non garantire il salario integrale prevede che i lavoratori siano inseriti in percorsi di formazione utili all’impresa (che quindi ne viene sgravata dai costi a tutto vantaggio dei padroni),  una linea di credito senza condizionalità tramite il fondo del MES finalizzata alla copertura delle sole spese sanitarie.

Le discussioni continuano a vertere sui memorandum, sulla misura più o meno stringente delle condizioni di accesso ai prestiti, con un compromesso tra formulazioni che parlano vagamente di “nuovi strumenti di debito” e l’opzione della richiesta di attivazione del MES a carico dei singoli governi. In questi giorni viene fuori ancora il vero volto dell’UE come strumento nelle mani dei grandi monopoli, e cade l’illusione della presunta “solidarietà europea” di cui parlano i suoi sostenitori. I partiti di governo ci diranno che consegnare il denaro pubblico agli industriali è l’unica soluzione per salvare i posti di lavoro, questa misura invece è l’ennesimo e più grande assegno in bianco consegnato nelle mani di chi in questi anni ha imposto ingenti tagli allo stato sociale, condizioni di lavoro precarie e abbassamento dei salari. Queste misure sono ad esclusivo vantaggio degli industriali e a dimostrazione di questo non esiste nessun vincolo sociale che condizioni l’accesso al salvataggio garantito mettendo le mani nelle tasche dei lavoratori.

Tutti i Governi dei paesi UE, da quelli di destra e quelli socialdemocratici o “progressisti”, da quelli dei paesi del Nord a quelli dei paesi del Sud, applaudiranno le nuove misure di compromesso, così come le sta già plaudendo il governo italiano.

In Italia la destra sovranista ha lanciato da settimane una campagna mediatica contro il ricorso al MES, e oggi si straccia le vesti per il “tradimento” del governo, per la presenza della possibilità di ricorso al MES nel documento di proposte dell’Eurogruppo. Quello che i partiti nazionalisti e reazionari si scordano di dire è che anche dalla Confindustria arriva l’applauso e l’elogio per “le risorse messe in campo dalla UE”. La presunta “opposizione” dei sovranisti si rivela un grande servizio reso ai padroni, perché mentre indicano il nemico nei paesi esteri che stanno “schiacciando” l’Italia, occultano la vera realtà: per l’ennesima volta i capitalisti italiani verranno salvati a spese nostre.

Proprio la chiamata all’unità nazionale e la narrazione che vede l’Italia come “nazione” contrapposta agli altri paesi oggi viene contesa tra le forze al Governo e quelle all’opposizione. È rilevante che, alle accuse di “tradimento” della nazione ricevute dalla Lega e da Fratelli d’Italia, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte abbia risposto a sua volta con un appello all’unità nazionale, chiedendo di sostenere uniti il Governo italiano nelle trattative in UE per far pesare maggiormente il “nostro” interesse. Oggi come ieri, la retorica dello scontro tra Stati e nazioni è una fortissima arma ideologica in mano ai padroni, per nascondere la realtà dello scontro di classe.

I capitalisti italiani non vogliono misure alternative, vogliono solo che le forze politiche italiane ed il governo gli garantiscano le migliori opportunità possibili in ambito europeo. Si tratta di capire quanto è grande la fetta di torta da accaparrarsi, non di certo di condividerla con i lavoratori e le classi popolari. Tanto le forze di governo che quelle all’opposizione sanno benissimo cosa vogliono i padroni, e non perdono occasione per ribadirlo. Nella conferenza di questa sera Giuseppe Conte ha ribadito fermamente che è esclusa la possibilità di tassare i grandi capitali, tuonando anche contro le timide proposte di “patrimoniale”, inseguito subito dai leader dei partiti di destra. Misure che non sarebbero la soluzione definitiva a nulla, ma la cui negazione dimostra gli indirizzi delle misure in campo.

Sulla vera natura dello scontro in atto non è possibile nessuna ambiguità. Chi attacca le misure europee senza attaccare la partecipazione della borghesia italiana a quelle scelte diffonde solo pericolose illusioni e cerca di mettere le classi popolari alla coda delle rivendicazioni dei padroni italiani, che hanno compartecipato convintamente al processo di integrazione europeo con il protagonismo che possono permettersi alcuni gruppi monopolistici, che a partire dalla terza economia dell’UE hanno rilevanza mondiale.

Dieci anni fa, nel pieno dell’ultima crisi economica, in Italia e in tutta Europa scendevamo in piazza contro le misure di austerità volute dai governi nazionali e dalla UE. In quegli anni sentimmo il peso di tutta l’inadeguatezza delle strutture di classe, politiche e sindacali, nel nostro paese. Nei prossimi anni ci troveremo dinanzi ad una nuova crisi. La scontro sarà tra chi cercherà di approfittare della disperazione, dell’insicurezza, delle ingiustizie per porre le classi popolari alla coda delle rivendicazioni dei padroni italiani, e chi lotterà per ribaltare il tavolo.

Noi comunisti sappiamo qual è il nostro posto. Non c’è un minuto da perdere, perché i padroni non aspetteranno. Abbiamo bisogno di coscienza e organizzazione.

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