La fase che stiamo attraversando è caratterizzata dall’acuirsi della crisi economica, accompagnata dalla totale sfiducia di strati sempre più vasti della popolazione nei confronti del sistema politico parlamentare e delle organizzazioni sindacali. Nonostante le rassicurazioni del governo e delle forze politiche principali, la maggioranza dei lavoratori, degli studenti italiani, dei giovani disoccupati, percepisce chiaramente che non c’è via d’uscita dal tunnel della crisi nelle proposte e nelle misure portate avanti in questi mesi. A questo si aggiunge una consapevolezza iniziale, ancora priva della giusta coscienza politica, del ruolo dell’Unione Europea. Lo sciopero generale del 14 novembre è stato promosso per la prima volta a livello europeo, sebbene le sue parole d’ordine fossero molto arretrate e legate alla visione riformista dei sindacati concertativi europei.
Il primo dato che emerge dalla valutazione dello sciopero generale in Italia è stata la quasi totale assenza del soggetto principale, i lavoratori, dalle mobilitazioni più importanti avvenute a livello nazionale. Il principale sindacato italiano, la CGIL, ha assunto da tempo i connotati evidenti di forza contigua al sistema capitalistico, e politicamente legata in quasi la totalità delle sue componenti ad un progetto di sostegno al partito democratico o a partiti che a loro volta lo sostengono. La stessa dirigenza della FIOM, ritrovata l’intesa con la maggioranza della confederazione in nome di una comune visione politica generale, rientra ormai in questo disegno. D’altra parte i sindacati di base non riescono ancora ad intercettare grandi masse di lavoratori, colpiti dalla critica al sindacato in sé, fenomeno parallelo all’antipolitica, che spinge a ridurre tutto alla stessa matrice concertativa, inefficace, dannosa, rovesciando la critica alle finalità sullo strumento sindacale stesso. Leggi il resto